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venerdì 10 febbraio 2017

dIstoRsIonI - (Diversi punti di Svista)


dIstoRsIonI 

(Diversi punti di Svista)


Personale di

ELISA BRAGLIA

A cura di Stefania Ferrari



Panorami e figure che sembrano noti, ma che arrivano distanti, come nei sogni. Attraverso distorsioni spazio-temporali, ecco giungere alla vista illusioni di certezza camuffate da certezza di illusione, in un gioco di linee e curve che ammiccano alla ragione, affascinandola con inganni di prospettive contorte. Tra tecnica e ironia, una mostra che lascia aperte le porte di ogni percezione,

11 FEBBRAIO – 5 MARZO 2017


C'è un solo modo di percepire la realtà? Apparentemente, sì.
Eppure tutto quello che noi vediamo, o crediamo di vedere, è solo una interpretazione, una codifica del nostro cervello, per permetterci di avere comprensione di ciò che ci circonda. Il che significa che le cose non sono “effettivamente” così, ma semplicemente, che a noi “sembrano” essere così.

Ecco quindi che si aprono numerose possibilità interpretative del reale e la curiosità, la volontà di scoprirle, sono sempre state insite nella natura umana. In aiuto per poter rivelare, a volte sperimentare, queste altre possibilità, sono via via intervenute la scienza in generale, la chimica, la medicina, la psicologia, la psichiatria e prima ancora, nei tempi più remoti, la magia e lo sciamanesimo.

In questo caso, il mezzo che abbiamo disponibile, è l'arte.
Grazie ad essa possiamo indagare, con l'immaginazione e la tecnica visiva, cosa accadrebbe se...
Elisa Braglia, con uno studio sulle distorsioni d'immagine durato alcuni anni, ha intrapreso un percorso non facile, aprendo nuove prospettive, nel vero senso della parola, di quello che ci circonda.
Non fermandosi alla forma “naturale” di cose, persone e oggetti, ha deciso di andare oltre, incamminandosi lungo un sentiero che l'ha portata a una interpretazione estremamente profonda, apparentemente illusoria, ma estremamente reale, di ciò che ha deciso di ritrarre.

Avvalendosi di varie tecniche, come la matita, l'inchiostro, l'acrilico, ci mostra le varie espressioni di uno stesso soggetto, partendo dall'immagine che si presenta all'occhio, per giungere a quella che potrebbe presentarsi ad una mente che abbia spezzato i legami con la logica e l'apparenza, perché di questa si tratta, della realtà tangibile.
L'immagine principale, quella di partenza, è facilmente interpretabile: l'occhio non ha difficoltà a isolarne ogni elemento; eppure, via via che la deformazione diviene più forte, è necessario avvicinarsi fisicamente all'opera per riconoscerne le varie parti, ma allontanarsi dalle leggi fisiche conosciute per poter comprendere l'insieme.

Ecco perché abbiamo chiamato questa mostra anche “Diversi punti di Svista”: perché la vista è limitata, statica, incredibilmente ingannevole.
Ma la mente può essere libera, infinita, divertente, saggia se le daremo la possibilità di spaziare oltre i confini che la nostra natura le ha imposto.
Elisa Braglia ci ha fornito, con la sua interpretazione aperta della realtà, la chiave per aprire nuove porte percettive, grazie ad una grande abilità tecnica e alla volontà di non ritrarre semplicemente il reale, così com'è, secondo la verosimiglianza data dagli occhi, ma come potrebbe essere, come probabilmente è, secondo una libera associazione della mente, che può spaziare all'infinito, in ogni realtà possibile.


(Stefania Ferrari)


INAUGURAZIONE 11 FEBBRAIO ore 17,30

Spazi espositivi TRATTORIA SIPARIO

Viale Allegri 1/a, Reggio Emilia

Apertura: tutti i giorni 12 – 14.30, 19 –23


info: igiardinidiafrodisia@gmail.com

lunedì 9 gennaio 2017

UGO BELLOCCHI E IL PRIMO TRICOLORE: IL RICORDO DELLA FIGLIA LISA

"Mio padre ha amato tantissimo la sua città. 
Sono certa che il suo nome rimarrà nel tempo".

Intervista a Lisa Bellocchi, figlia del più illustre studioso del Tricolore


In occasione del 220° anniversario del Primo Tricolore, si sono tenuti a Reggio Emilia grandi festeggiamenti, che hanno visto anche la presenza del Presidente della Repubblica Mattarella.
Una bella e commovente intervista è stata rilasciata a Stefania Ferrari da parte di Lisa Bellocchi, figlia di Ugo Bellocchi, giornalista, storico e studioso al quale, grazie alle sue lunghissime e dettagliate ricerche,  si deve la paternità reggiana della bandiera nazionale.



Foto di GIAN DOMENICO SILVESTRONE https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10211628821625905&set=a.10211628646981539.1073741927.1527194182&type=3&theater 

Si è da poco festeggiato l'anniversario del Primo Tricolore che, grazie agli studi e all'interessamento di tuo padre Ugo, è stato provato nato a Reggio.

Le celebrazioni del 7 gennaio, occupano, ovviamente, un posto speciale nel mio cuore. Ricordo con particolare emozione la cerimonia del 2011, con il presidente Giorgio Napolitano, in occasione del 150° anniversario della Bandiera. Fu la penultima uscita pubblica di mio padre. L’ultima fu il 5 febbraio, quando, nella Sala del Tricolore, gli fu consegnata la Targa Graziano Udovisi dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. Pochi mesi dopo, il 17 luglio dello stesso 2011, mio padre morì”.

I festeggiamenti in onore della bandiera, credi abbiano sino ad ora rispecchiato il suo significato o è stata una ricorrenza lontana dalla gente? Credi che tuo padre ne sarebbe soddisfatto? Tu lo sei?

Il “rating” dei festeggiamenti del Tricolore è stato spesso altalenante, per motivazioni partitiche che in nulla avrebbero dovuto interferire con un evento che riguarda tutto il popolo italiano. Ricordo la soddisfazione di mio padre quando il compianto presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi riattivò un certo orgoglio nazionale per la Bandiera, poi spesso esibita con entusiasmo in occasione di successi sportivi. Credo che questo “sdoganamento” della Bandiera abbia reso più popolari e partecipate anche le cerimonie reggiane. La presenza del Presidente Mattarella il 7 gennaio 2017 sarebbe stata per mio padre una ragione di gioia ed un implicito, trasversale riconoscimento ai suoi lunghi anni di studio sul Tricolore. Per questo non posso che esserne contenta”.

Quest'anno c'è stata la novità di una bandiera lunga 1.797 metri, come l'anno in cui è nata. Questo potrà risvegliare il senso di appartenenza della città a questo simbolo?

'Nemo propheta in Patria' diceva già Gesù nei Vangeli e negli ultimi duemila anni l’uomo non è poi tanto cambiato. C’è gente che fa centinaia di chilometri per vedere una mostra lontana e magari non ha mai visitato i musei della propria città… Quella attuale è una civiltà che privilegia l’immagine, perciò la vista di una Bandiera lunga quasi due chilometri è stata sicuramente di grande impatto e potrà sollecitare anche molti reggiani a studiare (finalmente!) la storia del Tricolore”.

Visto il lavoro, gli studi e il legame con Reggio di tuo padre, credi che la città sia stata riconoscente, o ne abbia sottovalutato l'operato?

Mio padre ha amato tantissimo la sua città, rifiutando proposte di lavoro estremamente lusinghiere ma che lo avrebbero costretto a trasferirsi. A Reggio ha incardinato la sua attività come fondatore di Carlino Reggio, come direttore della Biblioteca Civica Popolare, come fondatore dell’Associazione Gino Bedeschi e del Centro Studi sul Dialetto di Albinea, come presidente della Deputazione di Storia Patria… La quantità e la qualità delle sue pubblicazioni, non solo di argomento reggiano, ne fanno certamente uno studioso di elevata statura a livello internazionale. Sono certa che il suo nome rimarrà nel tempo. Forse molto del tantissimo che lui ha fatto, studiato e scritto non è ancora stato compiutamente apprezzato”.

Sei al corrente che è stata fatta una proposta per intitolargli una via?

Mi auguro che al più presto venga dedicata una via a Ugo Bellocchi. So che, poco dopo la sua scomparsa, la proposta era stata presentata formalmente, ma purtroppo non mi risulta che finora si sia concretizzata. Nel frattempo, però, gli sono state intitolate la Sala studio manoscritti della Biblioteca Panizzi di Reggio e la Sala studio della Biblioteca comunale di Albinea, le due istituzioni cui ho donato gli oltre 11.000 volumi che costituivano la biblioteca di mio padre”.

Sei rimasta in contatto con il Comitato primo Tricolore?

So che il Comitato da sempre porta avanti lodevoli iniziative a favore della conoscenza del Tricolore, ma attualmente i miei impegni professionali e l’incarico di vice presidente di ENAJ, il network europeo dei giornalisti agricoli, mi tengono impegnata su altri fronti”.

(Stefania Ferrari)




DIMENTICATA LA FIGURA DI BELLOCCHI? 
IL MISTERO DELLA RICHIESTA  "PERDUTA"
 DELL'INTITOLAZIONE DI UNA VIA

Se la storia reggiana può vantare anche la genesi del Tricolore, lo deve soprattutto alla figura di Ugo Bellocchi, giornalista, docente, storiografo e ricercatore illustre. Quest'anno verrà inaugurato il Museo del Tricolore e al suo contributo è stato fatto accenno in una delle sale e nei pieghevoli informativi ma, pare, non nei comunicati ufficiali. Per sottolineare il suo operato, si è mobilitato, già da alcuni anni, Giacomo Giovannini, vicepresidente di Alleanza Civica, con la richiesta di intitolare una via all'insigne reggiano.
“Bisognerebbe attendere almeno dieci anni dalla morte”, ha detto Giovannini. “Ma so che per altri personaggi è stata fatta eccezione. Si potrebbe fare anche per Bellocchi. Bisogna dare il necessario riconoscimento al suo lavoro”.
In una lettera, inviata anche al Carlino, Giovannini sottolinea come “ chiedemmo a più riprese nelle sedi istituzionali locali, all’allora Sindaco Delrio e poi con un voto unanime del Consiglio comunale, l’intitolazione di una strada”. Richiesta che però, spiega sempre nella lettera, “non ha trovato ancora risposta perché pare proprio che quella per il Professore si sia “persa” nelle stanze municipali”.
(Stefania Ferrari)
Articolo pubblicato su Carlino Reggio del 6/01/17


sabato 7 gennaio 2017

"FANTASTICHERIE SOGNANTI": PROROGATA LA MOSTRA SINO AL 9 GENNAIO

Proseguiranno sino al 9 gennaio 2017 le "Fantasticherie Sognanti" 
di Lisa Beneventi:
pubblico incantato all'inaugurazione 

La personale della pittrice LISA BENEVENTI proseguirà sino al 9 gennaio 2017. Sarà quindi possibile ammirare i meravigliosi quadri esposti presso i locali dell'hotel Mercure-Astoria di via Leopoldo Nobili a Reggio Emilia.


E' stato un grande successo annunciato la giornata inaugurale della mostra personale di Lisa Beneventi, presso gli spazi dell'Hotel Mercure-Astoria di Reggio Emilia, che si conferma come luogo principe per gli appuntamenti d'arte e cultura per la città e non solo.
I riferimenti filosofici e alla corrente Surrazionale presenti nelle opere della Beneventi, hanno incantato per la loro profondità.





Fantasticare. Da molti è considerata un'attività da evitare, in quanto distoglie dai doveri quotidiani, non rende nulla economicamente ed è potenzialmente pericolosa, poiché apre porte che guidano alla libertà della coscienza, che sarà quindi in grado di spezzare catene invisibili e prive di sostanza, ma spesso più resistenti di quelle tangibili.
Lisa Beneventi ha deciso di essere pericolosa, perché attraverso i suoi dipinti ci mostrerà nuovi e inesplorati sentieri, che si dirigono verso l'alba di una nuova consapevolezza.
Accade a tutti, di tanto in tanto, per quanto si possa essere privi di immaginazione, di immergersi in qualche fantasticheria. Tuttavia credo sia d'obbligo fare alcune precisazioni, perché il fantasticare è ben diverso dal sognare.
La definizione di “fantasticheria sognante”, scelta come titolo della personale di questa pittrice, si ritrova nel pensiero dell'ispiratore del movimento artistico Surrazionale, Gaston Bachelard, filosofo francese morto nel 1962, che riconosce nell'immaginazione "la manifestazione più autentica, elevata e evoluta della creatività umana"

Il fantasticare è sognare consapevolmente, differente dall'avere la coscienza del tutto abbandonata a se stessa, come accade la notte. Per Bachelard il sognare è una discesa nel mondo infero, mentre il fantasticare offre la possibilità di ascendere al mondo supero, da esso quindi il surrazionale, ovvero, sovra-razionale, oltre il razionale. Qualcosa che non è diverso dalla razionalità, ma anzi è cosa che aggiunge alla razionalità, arricchendo in questo modo l'essere umano.


Vortici marini


Il sognare e il fantasticare vengono assimilati a maree, a onde marine che nel sogno rapiscono la coscienza, trascinandola nelle profondità notturne, mentre al risveglio la restituiscono alla chiarezza con la fantasticheria, la rêverie.

Primavera in fondo al mare


Ecco che Lisa Beneventi ci porta sul fondo del mare, con il dipinto che è stato scelto per rappresentare la sua esposizione. Questo quadro ha anche un titolo che racchiude in sé l'intero concetto: Primavera in fondo al mare.
Cos'è la primavera, se non il risveglio della natura e della persona stessa? Il nascere di un nuovo giorno e il rinascere, ogni volta, della coscienza, arricchita magari dalle scoperte fatte nel “viaggio infero” notturno, in fondo al mare, in cui le sue onde ci hanno trascinati? 

Sinfonia di primavera

Sinfonia d'estate


E di nuovo, la primavera emerge dai rigori invernali e si fa estate e autunno e nuovamente inverno in altri dipinti di Lisa Beneventi, che con una deflagrante purezza di colore, ci spingono ad indagare l'incredibile semplicità degli elementi che compongono il tutto, la vita stessa: terra, aria, acqua e fuoco, la bruma che si fa pioggia, uno zampillo che esplode in una inimitabile immagine liquida, il fuoco che si schiude come un fiore, la terra che verdeggiante ci offre i suoi doni.

Zampillo

Fuoco



Anche la musica ha i suoi elementi primari, i suoi atomi sono le note e la sua associazione con la natura e il mondo è inevitabile: le stagioni si trasformano così in sinfonie e le sinfonie si amalgamo con i colori. 


Sinfonia in bianco e nero

Sinfonia in blu
Il risultato è sorprendente, perché ci immerge totalmente in una razionalità nuova, più completa, più ricca. Squarcia il velo della mediocrità cui appartiene la realtà prestabilita, illumina il grigiore di un significato imposto alla coscienza e quindi alla nostra vita, perché solo nella fantasticheria chi sogna è un vero sognatore e perciò è vivo.
Quindi, parafrasando Cartesio, si può ben affermare: “Fantastico, ergo sum”.

(Stefania Ferrari)

La curatrice Stefania Ferrari con la pittrice Lisa Beneventi durante l'inaugurazione

LUIGI IMBRIALE al Caffè della Gabella


L'INFORMALE DI IMBRIALE



Colori densi e una informalità matura quella che si osserva nei quadri di Luigi Imbriale, in esposizione presso gli spazi del Caffè della Gabella, in via Emilia San Pietro, 73 a Reggio Emilia. Opere dai colori netti e densi, che sollecitano l'immaginario e suscitano stupore e curiosità.








mercoledì 30 novembre 2016

LE FANTASTICHERIE SOGNANTI DI LISA BENEVENTI

Una personale che presenta una seducente serie di dipinti, 
con il colore grande protagonista

FANTASTICHERIE SOGNANTI


Personale di

LISA BENEVENTI



a cura di Stefania Ferrari

Attraverso i colori si accede alla dimensione dei sogni, inseguendo forme nate dalla fantasia più selvaggiamente libera. Immergendosi nelle profondità della psiche e dei ricordi, rincorrendo desideri e creatività, si possono raggiungere livelli di percezione di sorprendente potenza, con il solo aiuto dell'immaginazione, miscelata con i pigmenti di una tavolozza.


2 - 31 DICEMBRE 2016


INAUGURAZIONE VENERDÌ 2 DICEMBRE ORE 17


Sala espositiva HOTEL MERCURE - ASTORIA

via Leopoldo Nobili, 2 Reggio Emilia

Mostra visitabile tutti i giorni dalle 10 alle 19





martedì 8 novembre 2016

Inaugurazione della collettiva MAI PIÙ: un grande successo

Successo per la giornata inaugurale dell'esposizione collettiva 
MAI PIÙ  
La violenza sulle donne è una ferita aperta

Molto interesse ha suscitato la mostra collettiva che ha aperto i battenti sabato 5 novembre, in occasione della celebrazione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che cade il 25 novembre.
La collettiva, curata e presentata da Stefania Ferrari, vede cinque artisti, Naide Bigliardi, Maria Grazia Candiani, Emanuela Cerutti, Maria Grassi e Nero Levrini, esporre le loro opere negli spazi dell'hotel Mercure-Astoria di Reggio Emilia.

Da sinistra: Stefania Ferrari, Maria Grassi, Nero Levrini, Emanuela Cerutti, Naide Bigliardi, Maria Grazia Candiani


Santo Domingo, 25 novembre 1960.
Tre sorelle, Patria, Maria e Antonia Mirabal, viaggiano su un'auto, di ritorno dal carcere in cui sono rinchiusi i loro mariti, rei di organizzare attività sovversive nei confronti della dittatura di Rafael Tujillo.
L'auto viene intercettata, fermata. Le occupanti fatte scendere e portate a forza in una sperduta piantagione di canna da zucchero.
Lì vengono brutalmente uccise. A bastonate. Poi caricate di nuovo sull'auto, che viene spinta in un dirupo, per simulare un incidente.
La verità verrà comunque a galla, determinando l'innesco per lo scoppio di una rivolta, che determinerà la caduta del dittatore.

Le tre sorelle Mirabal


Per ricordare la morte di queste donne, simbolo di tutte coloro che vengono ogni anno uccise, è stato scelto il 25 novembre come giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
In occasione di questa giornata, questa mostra d'arte collettiva è stata intitolata Mai più (la violenza contro le donne è una ferita aperta).

Mai più. 
E' da credere che questa affermazione sia alquanto utopica, o almeno lo sarà per parecchi decenni ancora. Tuttavia, per molte donne l'arrendersi equivarrebbe al morire lentamente, quindi le iniziative e gli appelli, in ogni modo possibile, continueranno sino a che la violenza e gli abusi sulla popolazione femminile, ovunque si trovi e di qualunque condizione, non saranno cessati e verrà riconosciuto uno stato di diritto, uguaglianza e rispetto per ogni essere umano.
Non a caso si è usata l'espressione “esseri umani”, perché per oltre cinquecento anni, secondo il cristianesimo, le donne non avevano neppure un'anima. In questo senso erano in tutto e per tutto assimilabili alle bestie.
Inculcare quindi nella morale comune, e nella legge, il concetto di donna come essere umano, non è stato immediato. A quanto pare questo processo non è finito e la strada da fare è ancora molta.
Se siamo in questa situazione nel mondo occidentale e sedicente civile, figurarsi come vadano le cose per le donne che abitano in nazioni con religioni e culture più restrittive e fallocentriche della nostra. Stupri, uccisioni e abusi di ogni genere, dalla vergogna delle spose bambine alla costrizione alla prostituzione, l'elenco sarebbe lunghissimo.
Da notare, sempre a proposito di donne e bestie, la bufala che qualche settimana fa circolava in rete, ovvero che l'Isis avrebbe ordinato lo sterminio dei gatti. L'intero popolo web è insorto, indignato più che mai, tanto che la notizia è arrivata anche ad alcune testate autorevoli, che l'hanno ritenuta autentica e rilanciata.
Ebbene, alcuni mesi fa, in giugno, diciannove donne, perlopiù giovani, sono state arse vive perché si erano rifiutate di divenire oggetto sessuale dei miliziani. La notizia è balzata appena all'occhio e ben poca indignazione ha sollevato la cosa. E' evidente, nulla togliendo ai felini, che la sorte di quelle donne, morte realmente, abbia scosso le coscienze molto meno della possibile eliminazione, fittizia, dei gatti.
Qui ci fermiamo per non polemizzare oltre e illustriamo dunque questa mostra, che non è fine a se stessa, come semplice esposizione di opere da ammirare per la loro bellezza, perché queste hanno un preciso significato e un messaggio importante da gridare, in tutta la sua potenza.
Sì è scelto di creare un percorso illustrativo che ponesse l'accento sulla forza e non sul solo essere vittima.
Le donne piangono, perché sono umane, ma hanno spesso una forza interiore insospettabile e un desiderio di reagire e ricominciare a sperare che sembrerebbe contro ogni logica.

Ci sono quattro diversi cammini, che raccontano quattro diverse storie.

Il primo, un video realizzato da Maria Grassi, che dura circa 15 minuti, diviso in due tempi. Nel primo, la storia delle donne di una intera famiglia nell'arco di un secolo (1860 – 1960), attraverso immagini fotografiche e passaggio di frasi e parole, legate allo scorrere degli anni e all'evolversi della loro vita.
Il secondo tempo vede invece come protagoniste alcune dive hollywoodiane, che spesso nascondono la loro fragilità e vite sovente segnate dalle difficoltà, dietro luci e sorrisi.

Sulla sinistra, il video realizzato da Maria Grassi, primo dei quattro percorsi espositivi


Il percorso successivo è rappresentato da una serie di opere fotografiche che prende l'avvio da quadri più luminosi, come quelli di Naide Bigliardi, per giungere a rappresentazioni più cupe, vagamente gotiche, di Emanuela Cerutti, passando da Maria Grazia Candiani e Maria Grassi.

Naide Bigliardi ha scelto il bianco e quindi la luce, perché essa è la vera forza delle sue protagoniste, che possono non avere volto. Perché la loro integrità è stata violata. Perché senza volto sono tutte le donne la cui personalità è stata rubata o distrutta, ma la luce in loro non si è mai spenta, nemmeno se sono prigioniere, in un velato cono d'ombra, che impedisce la fuga verso la libertà di corpo e di pensiero. Il loro mondo può essere stato capovolto, ma sempre troveranno un aggancio, un aiuto insospettabile per poter riemergere.

Le opere di Naide Bigliardi, che ha scelto la luminosità del bianco per esprimere la speranza


Le immagini di Maria Grazia Candiani sottolineano invece alcuni particolari del corpo femminile, soprattutto i capelli, che rappresentano una fiamma inesauribile, un'arma contro la sopraffazione e contro la tristezza e l'abbattimento. Qui la donna è un unicum con la natura, da sempre le appartiene e ne segue i ritmi ancestrali e a lei torna, per trovare conforto e coraggio. La natura non le chiede di essere diversa da ciò che è, perché sarebbe come negare l'essenza stessa del mondo.

Una delle immagini di Maria Grazia Candiani, in cui le parti del corpo femminile ritrovano unità a contatto con la maternità della Natura.


Maria Grassi ha immagini più materiche, più colme, che sembrano più vicine alla vita caotica delle città. Sono murales, sono le donne nascoste dietro i muri delle case, quelle le cui storie non emergono se non, spesso, quando è troppo tardi. Dietro quei vetri in frantumi, si nascondono vite anch'esse in frantumi e con gli sguardi chiedono aiuto, senza poter proferire parola, ammutolite come sono dal terrore. Eppure anche qui la resa non è concessa, non è proprio contemplata, perché le mani, magari di altre donne come loro, si tendono e nell'aiuto reciproco ci si risolleva. Le mani dunque, come emblema di rinascita e speranza.

I quadri materici di Maria Grassi: come murales, raccontano storie di donne


Sono splendide bambole tristi, invece, le protagoniste delle immagini di Emanuela Cerutti. Nella loro perfetta bellezza ci sono crepe, come nella porcellana che ha subito colpi, urti, cadute, capitate tra le mani di un bambino capriccioso e che si è presto annoiato di quel giocattolo, ritenendolo inadatto a passatempi virili. Eppure queste bambole attendono, con rassegnazione, un gesto d'amore, perché non comprendono tanto odio, tanta violenza verso di loro che, invece, hanno amato e ancora, nonostante tutto, amano. Sono figure tragiche, la cui salvezza rimane nell'acquistare consapevolezza del proprio valore come persona.

Le bambole tragiche di Emanuela Cerutti: donano amore anche dopo la violenza


Abbiamo poi il terzo percorso, l'angolo rosso, colore il cui significato è chiaro a tutti. 

L'installazione di Nero Levrini, unico artista uomo presente in questo consesso tutto al femminile, dimostra una particolare sensibilità, estremo rispetto e comprensione del fenomeno.
Nella sua installazione, le scarpe rosse, oggetto ormai emblema della violenza verso l'universo femminile, le catene e visi di donne con evidenti segni di abusi, sono la base di un messaggio molto chiaro di quale sia l'argomento cui si riferisce.

L'installazione emblematica di Nero Levrini


Un'altra opera di Maria Grassi non ha necessità di molti chiarimenti: la mano aperta chiede, impone, un “fermo”, un “mai più”, da parte di questa donna in primo piano, con gli occhi chiusi, per non vedere ancora una volta il suo aggressore, in una estrema difesa.

No! Sembra gridare il gesto di quella mano, nella fotografia di Maria Grassi


Rosso profondo, come il sangue versato, nell'opera di Maria Grazia Candiani, in cui un'ombra minacciosa si avvicina, per tutto oscurare, utilizzando la sua crudeltà per soddisfare un desiderio di vendetta di cui lui solo conosce il motivo.

L'uomo violento è un'ombra minacciosa, che emerge dal rosso sangue di quest'opera inquietante di Maria Grazia Candiani


Di nuovo la bambola di porcellana di Emanuela Cerutti. Anche in questo quadro la nudità senza particolari sessuali richiama l'annullamento della personalità di questa donna e il rosso evoca la violenza subita. Eppure in questa immagine traspare una serenità, una “cicatrizzazione” del dolore, che porterà senza dubbio a un percorso di rinascita possibile.

Una donna asessuata, come una bambola di porcellana, incrinata dalla violenza


Ora, seguendo una serie di fotografie realizzate da Nero Levrini e che ritraggono i piedi di una giovane ballerina classica, l'ultima parte del percorso, la sua soluzione, attraverso una sorta di rituali di passaggio, come nelle antiche fiabe e che spetta a molte donne, in un modo o nell'altro. 

Ogni bambina porta in sé sogni, desideri. Ogni bambina vorrebbe realizzare questi sogni danzando i suoi giorni, ma per alcune la vita riserva prove non facili e quelle belle scarpette di raso non calcano sempre palcoscenici levigati, inciampano, rotolano lungo sentieri accidentati, strappando così la stoffa e lacerando la pelle della danzatrice.
Eppure lei ode ancora quella musica dei sogni, ritrova il coraggio, ignora il dolore e grida e combatte, combatte ancora, pur sempre con la grazia della danza.
E questa danza liberatoria, nella grande immagine di Naide Bigliardi, segna la fine del percorso della bambina e la sua presa di coscienza come donna completa, che la porta a esigere rispetto, senza più paura, senza più angoscia, senza più subire violenza.
Nessuno potrà più farle del male.

Mai più. 

(Stefania Ferrari)

Il gruppo di artisti. Da sinistra: Naide Bigliardi, Maria Grazia Candiani, Maria Grassi, Emanuela Cerutti e, seduto, Nero Levrini 


Parte del pubblico presente alla inaugurazione




domenica 30 ottobre 2016

MAI PIÙ - La violenza contro le donne è una ferita aperta


MAI PIÙ

La violenza contro le donne è una ferita aperta




a cura di Stefania Ferrari

In occasione del 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita in seguito all'omicidio di tre dominicane, le sorelle Mirabal, schieratesi contro la dittatura della loro nazione nel 1960, una mostra per ricordare tutte le donne vittime di abusi. Cinque menti creative, Naide Bigliardi, Maria Grazia Candiani, Emanuela Cerutti, Maria Grassi e Nero Levrini, espongono le loro opere di forte impatto e sensibilità, affinché l'arte sia opportunità per sensibilizzare le coscienze su un problema sociale e umano ancora lontano dall'essere risolto.


5 - 30 Novembre 2016


INAUGURAZIONE SABATO 5 NOVEMBRE ORE 17



sala espositiva HOTEL MERCURE - ASTORIA

via Leopoldo Nobili, 2 Reggio Emilia
Mostra visitabile tutti i giorni dalle 10 alle 19