QUANDO DALLA RUGGINE
NASCE LA BELLEZZA
Le opere di Pasquale Rapicano
La
rinascita dalle macerie, dalla corrosione, dall'ineluttabilità del tempo, per
sconfiggere la morte e offrire una nuova occasione di riscatto e di bellezza e,
forse, di immortalità.
Questo
è il messaggio veicolato dalle opere di Pasquale Rapicano, che realizza grandi
tele in cui l'elemento formale emerge da agglomerati in cui terra, stoffe,
metallo e soprattutto la ruggine, sono fondamento delle visioni artistiche di
questo pittore, che sente profondamente il richiamo delle linee e dei colori,
parte imprescindibile della sua stessa vita sin dall'infanzia.
Tuttavia
proprio la ruggine, “Rust” il nome di una serie dei suoi dipinti, è il tema
primario che diviene pretesto per il risveglio dell'incantevole e
dell'eternità, che emergono prevalentemente, ma non solo, sotto forma di volti
di donna.
Ecco
quindi che quanto di bello e di buono, il “kalòs kài agathòs”
dell'antichità greca, riprende vita e soprattutto significato attraverso le linee
aggraziate e affascinanti di ragazze e cavalli, di volti noti e meno noti che,
per intercessione di una profonda anima umana incorruttibile dal tempo, porgono
concetti di riscatto per un mondo che sembra non imparare mai dai propri
errori, reiterati nei secoli e nelle ere.
Rapicano,
fortemente legato alle sue origini partenopee, ha fatto proprie le sfumature
vulcaniche e calde, rendendo omaggio alla sua terra, così appassionata nelle
personalità degli abitanti, ardente nel clima e nell'incandescenza vesuviana
che ancora oggi, di tanto in tanto, ricorda quanto una vita sotterranea ribolla
sotto una apparenza di tranquilla magnificenza.
Magnificenza
che, anch'essa, ribolle tra i mali del mondo, il cui tempo scorre lineare
eppure ciclico nel ripetersi delle situazioni, che sempre di più sembra
sprofondare nella “ruggine” che intacca, inesorabile, ogni cosa.
Pasquale
Rapicano, seguendo il sentiero della sua indole solare e densa di sfumature
positive, interpreta tramite il linguaggio pittorico la sua visione costruttiva
e concreta della realtà circostante, inserendo quegli elementi materici che
solo apparentemente andranno distrutti dall'impietoso Crono che tutto divora,
mentre in realtà essi rappresentano anche la mutazione, il “nulla si crea,
nulla si distrugge” citato da Lavoisier, che è antica quanto profonda legge
universale che lega ogni destino.
La
particolare abilità nella comunicazione interiore e personale, caratterizzata
da colori accesi rubati alla lava e al tramonto, allo zolfo e alla terra, si
contrappone alle campiture più fredde, quasi vicine al bianco e nero delle
figure, che tuttavia rappresentano proprio la sua capacità di mettere a nudo
corpo e anima nella già citata fusione tra bellezza e bontà, in una armonica
promessa di speranza immutabile.
La
scelta di utilizzare poche fonti cromatiche, rende tuttavia assai potente la
sua produzione creativa, in cui ogni pennellata si propone all'osservatore come
una occasione per percepire il colore nel suo più alto potenziale timbrico,
diventando esso stesso fonte di sensazione allo stato puro.
Nella
sua costante ricerca, questo artista tralascia ogni altro elemento per
dedicarsi esclusivamente al desiderio di interloquire con il futuro
osservatore, cercando con quest'ultimo un coinvolgimento emotivo prima ancora
che estetico, ma è proprio attraverso l'armonia estetica che lo sguardo è
attratto, rapito, purificato da ogni “ruggine” preesistente.
La
sua pittura, bella nella sua perfezione, è tuttavia istintuale, per lui
necessaria come il respiro per la vita e in ogni quadro realizza una dimensione
profonda dell'animo, condivisa con estrema generosità con chiunque desideri
osservarla.
Lontano
dall'astrattismo così come da un semplice figurativo, Pasquale Rapicano ne
incarna entrambi gli stili, fondendo l'uno con l'altro, in un gioco di
contrasti estremamente suggestivo e originale, fortemente pittorico e tuttavia
plastico, materico eppure delicato.
Le
sue opere, riconoscibili per il tratto ormai consolidato, si impongono nel
panorama artistico come innovatrici, pur rimanendo fedeli a canoni accademici e
classici che non vedranno mai tramonto, poiché legati fortemente alla stessa
percezione umana dell'armonia e della simmetrica bellezza comune in ogni epoca.
Quella
stessa bellezza che, parafrasando Dostoevskij, potrebbe salvare il mondo dalla
corrosione.
Stefania
Ferrari
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