PAVEL: PITTURA FUORI DAGLI SCHEMI
La
mostra si intitola, eloquentemente, “Fuori da – Oltre ogni schema”, perché la
pittura di Pavel, al secolo Paolo Incerti, non è davvero classificabile
all’interno di alcuna corrente.
E
nemmeno sarebbe giusto, perché credo che tutta l’arte, in quanto tale, debba
essere sinonimo di libertà, fantasia, originalità e, perché no, follia, intesa
come rottura appunto con ogni schema.
L’esposizione
è stata divisa in sezioni, perché diversi sono gli argomenti, anche se in
realtà collegati tra loro: il paesaggio naturale, tangibile, terrestre; la
visione dello spazio, infinito, inesplorato; la visione dell’inconscio,
altrettanto infinito e inesplorato e tuttavia legato e inscindibile dalla vita
reale dell’individuo.
Pavel
è riuscito, con i suoi sogni utopisti e le sue vedute, a riunire con visibili tratti di colore questi tre
elementi, rendendoci partecipi di una concezione totale dell’esistenza, che
spesso è invece percepita solo in parte
e solo quella parte: gli oggetti, il
cibo, il corpo, tutto ciò che è considerato materia.
Le
immagini presenti in questi quadri sono quanto di più istintivo, ma nello
stesso tempo profondo, si possa dipingere, perché considerano non solo quello
che i cinque sensi ci permettono di comprendere, ma anche quanto si annidi nel
profondo, quanto i desideri inespressi ci comunichino, quanto le nostre
capacità nascoste gridino per emergere, ma anche quante paure si nascondano e
ci impediscano di esprimere quello che realmente siamo, nel bene come nel male,
mettendoci perciò di fronte alla nostra metà oscura, quella che ognuno di noi
possiede e che tentiamo di addomesticare quanto più possibile, ma che è sempre
lì, ingabbiata, incatenata nel punto più nascosto e difeso, ma presente e che
ci pungolerà sino al nostro ultimo respiro.
Le
figure dipinte sembrano uscite da racconti fiabeschi, da leggende che legano
l’inconscio collettivo e ci trasportano nell’universo fisico come in quello
temporale, riportandoci all’infanzia e ai suoi giochi, ai suoi racconti, ai
suoi misteri, alle sue avventure, perché quando si è bambini ogni giorno
rappresenta un’avventura e una scoperta: come una notte di caccia alle rane;
come una partita a calcetto in un prato, quasi fosse una moderna giostra
cavalleresca in cui i giovani si sfidano.
Sagome
che paiono soldatini di latta, arlecchini, elfi si trasformano in guide verso
altri mondi: davvero questi sono fuori di noi, o noi ne siamo gli artefici?
Davvero ciò che vediamo è l’unico cosmo esistente o ci sono alternative
straordinarie di cui non siamo a conoscenza?
Forse
passeggiando e osservando la natura, che con così tanta, sincera, ammirazione
Pavel ritrae, si può arrivare ad avere la percezione di quanto in realtà ci sia
da scoprire, non solo da bambini, ma in ogni istante della nostra vita,
apparentemente limitata e invece ricchissima e, attraverso questa, arrivare a
comprendere anche la parte di noi stessi che non ascoltiamo mai, di cui
neghiamo o non conosciamo l’esistenza, così come non conosciamo l’esistenza di
altri universi, altri sistemi solari, altri pianeti, altre città, altre vite,
altre possibilità di un destino che ancora non è scritto e che potremmo avere,
se solo sospettassimo di poterlo realizzare.
Pavel
ci indica che c’è qualcosa oltre ciò che vediamo e si è spesso identificato con
Don Chisciotte, ma questa volta si è tramutato in Amleto e ci avverte: “Ci son
più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”.
Stefania
Ferrari